Come ogni anno ci ritroviamo a ricordare il 1 maggio quale festa dei lavoratori, e come ogni anno si manifestano nuovi problemi e tante insicurezze su questo mondo così importante per la dignità dell'uomo. Penso proprio questo e cioè che mai come oggi non si parli più di uomo ma di lavoratore, come se dietro quest'ultimo non ci fosse un essere in carne ed ossa che respira, cammina, si relaziona con gli altri, bensì un numero che si può spostare da un posto all'altro o mettere in stand-by a proprio piacimento solo per mero interesse economico. Già Papa Leone 13º un secolo fa nella Rerum Novarum invitava il mondo economico a non considerare il lavoratore solo esclusivamente come una merce da poter usare a proprio piacimento ma qual è: un essere umano con una propria dignità, una propria storia ed un proprio ruolo nella vita sociale di tutti i giorni. Ancora più recentemente Giorgio La Pira diceva: fino a quando sarò in questo posto, mi opporrò con la massima energia a tutti i soprusi dei ricchi e potenti.... tutta la vera politica sta qui: difendere il lavoro, il pane e la casa della più grande parte del popolo italiano. Il pane e il lavoro sono sacri, la casa è sacra: non si tocca impunemente né l'uno né l'altro! Questo non è marxismo è il Vangelo!
Le vicende attuali riguardo al mondo del lavoro ed in particolare le diatribe sull'articolo 18 dello statuto dei lavoratori riportano in primo piano e di piena attualità il pensiero della Chiesa in questo campo che, dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II degli anni 60, non si è mai stancato di tenere alto il problema del lavoro e dei lavoratori in particolare, predicando che con la sola logica del profitto non si va da nessuna parte, anzi si accentuano sempre più i conflitti tra lavoratore e datore di lavoro e di conseguenza i conflitti sociali. Solo il riconoscimento reciproco dei propri ruoli, nel rispetto della dignità umana, può portare a una pace sociale ed una migliore prospettiva di vita per tutta la società. Mi viene in mente quel datore di lavoro e volendo provare a vivere con lo stipendio dei suoi dipendenti si rese conto sulla propria pelle che non riusciva ad arrivare a fine mese, quindi decise di aumentare il salario ai propri operai. Non dico che tutti dovrebbero fare lo stesso, ma mi augurerei che, in tempi di forte crisi e con la crescente disoccupazione, coloro che detengono in mano le leve del potere si mettessero una mano sulla coscienza prima di licenziare o non assumere, considerando che dall'altra parte non ci sta un numero, bensì un essere umano, magari con una famiglia a carico e che non ha altri mezzi di sostentamento se non quello del proprio lavoro. Francesco Gracci - capogruppo UDC Comune di Empoli